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SPS 2024: la strada di Industry 5.0

Il Manufacturing italiano aspetta di rilanciarsi con il Piano Transizione 5.0, in cui l'innovazione è il perno di qualsiasi trasformazione

Industria 4.0

L'interesse delle aziende del Manufacturing verso le tecnologie della digitalizzazione resta molto alto, ma viviamo una fase di pausa degli investimenti perché queste stesse imprese stanno aspettando di capire precisamente come muoversi. È questo il messaggio che viene dalla edizione 2024 di SPS: tutto il comparto può (ri)lanciarsi e vuole farlo, ma solo nel momento in cui sarà più chiaro come il Governo concretizzerà il tanto atteso Piano Transizione 5.0.

C'è spazio insomma per la solita domanda: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Di certo le imprese italiane non sono spaventate dall'inevitabilità - definita anche un po' per legge, se vogliamo, in quanto base del Piano Transizione 5.0 - del "triangolo" tra manufacturing, digitalizzazione e transizione "verde". Ma guardano a tutto questo con il solito pragmatismo, il che le porta spesso a muoversi in maniera conservativa.

Deriva anche da questo il rallentamento negli investimenti in innovazione che il Manufacturing nazionale ha espresso nel 2023. Le spese per macchinari e impianti infatti hanno mostrato, secondo le analisi di ANIE Automazione, una crescita media annua in evidente flessione (+3,2%) rispetto al 2022 (+8,7%).

E se Donald Wich, Amministratore Delegato Messe Frankfurt Italia, ricorda che "le innovazioni sono il motore di crescita dell'economia" - e lo saranno ancora, per un settore che fa in Italia il 17% del PIL e impiega qualcosa come 3,8 milioni di persone - Andrea Bianchi, Presidente ANIE Automazione, commenta che "il rallentamento nella crescita degli investimenti è dovuto quasi certamente al calare degli incentivi del Piano Transizione 4.0: in mancanza di nuovi piani non ancora finalizzati, gli imprenditori sospendono gli investimenti perché ancora non sanno in che direzione sarà più opportuno spostarli".

Lo scenario globale

D'altronde, l'Italia non vive da sola: le sue aziende si muovono in uno scenario globale economico e geopolitico che comunque non aiuta. Dopo lo choc della pandemia ci si aspettava che le economie avanzate reagissero meglio, specialmente in Europa, anche se va sottolineato come, sinora, l'Italia dopo il periodo Covid è cresciuta con un ritmo più elevato rispetto alle altre tre principali economie europee (Francia, Germania, Spagna).

In questa dinamica non stupisce che le attività più energy-intensive - tra cui ovviamente il Manufacturing - abbiano particolarmente sofferto i rincari dell'energia. Meglio è andata per i settori a tecnologia medio-alta (Automotive, Farmaceutica, Elettronica...) che hanno chiuso il 2023 con una produzione industriale in crescita.

L'accento va posto proprio sulla "intensità tecnologica", che sembra il fattore oggi chiave per assorbire le tendenze di mercato poco favorevoli. "La transizione digitale e quella energetica stanno trainando un po' tutti i mercati" in cui il generico Manufacturing si scompone, sottolinea Bianchi, citando come esempi la meccatronica, il software industriale, l'automazione discreta, la parte di connettività e controllo in fabbrica.

Conseguenza: la diversa propensione verso l'implementazione rapida delle nuove tecnologie impatta anche sulla visione del futuro che le imprese hanno. Oggi - racconta Bianchi - le aziende italiane del Manufacturing sono equamente divise in tre gruppi: chi pensa che il mercato crescerà, chi lo vede stabile, chi prevede una flessione.

Un'opportunità da cogliere

Questo equilibrio tra ottimisti e pessimisti può essere spostato verso i primi se si riuscirà a cogliere - spiega Raffaele Spallone, Dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi del MIMIT - quella "complementarietà tra digitale e green che magari non è evidente ma che certamente esiste" e che si riesce a cavalcare con una reingegnerizzazione dei processi produttivi.

Qui sta il nocciolo del futuro (a breve, si spera) Piano Transizione 5.0, per il quale l'Italia rivendica un ruolo importante a livello UE: è vero che tutto parte da RepowerEU, ma è anche vero - sottolinea Spallone - che la misura definita da Roma "è di fatto un inedito nelle misure europee di spinta all'innovazione, proprio perché nasce dall'unione tra digitale e green", tanto che Bruxelles "ne ha fatto una misura flasghip di RepowerEU". E soprattutto ha aggiunto ulteriori fondi alla dotazione prevista inizialmente, portandola complessivamente a 6,3 miliardi di euro.

Raffaele Spallone, Dirigente divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi del MIMIT

Alle imprese del Manufacturing il Governo chiede ancora un po' di pazienza. Il Piano Transizione 5.0 ha avuto tenpi più lunghi del previsto sia perché è tutto "Made in UE" (Transizione 4.0 ha invece sfruttato diverse risorse nazionali del Fondo Complementare), sia perché non è stato facile disegnarlo in modo che riuscisse a raggiungere la più ampia platea di aziende possibile. Per un obiettivo chiaro - "meno del 4% delle aziende italiane usa tecnologie avanzate, ma oggi per essere competitivi bisogna essere sia digitali sia sostenibili", ricorda Spallone - ma non per questo semplice da raggiungere come sistema-Paese nel suo complesso.

Così le ultime "limature" del Piano Transizione 5.0 sono servite per incentivare tanto la grande impresa che viene a fare tecnologia in Italia quanto la piccola azienda locale, per coprire anche gli investimenti greenfield ("quindi immaginare scenari di riferimento per stimare gli impatti di investimenti appunto molto innovativi", spiega Spallone), per tenere dentro anche le aziende energivore che rientrano nell'Emission Trading System europeo.

Tutto questo - lo sottolineano tanto Spallone quanto Bianchi e Wich - puntando decisamente sul fatto che le imprese colgano, del Piano Transizione 5.0, non solo le agevolazioni agli investimenti ma quella cifra in più (5.0 e non più 4.0) che sta a significare una nuova visione del Manufacturing. La fabbrica automatizzata, connessa e integrata del modello 4.0 è - o dovrebbe essere - una rivoluzione metabolizzata. Deve lasciare il passo ora ad una centralità delle persone, dell’ambiente, del contesto sociale nel processo industriale.

L'Unione Europea parla di una industria "sostenibile, umano-centrica e resiliente", aprendo la strada anche a modelli produttivi diversi da quelli che abbiamo portato avanti per decenni, nuovi modelli che sono resi possibili proprio dalle nuove tecnologie. "Non è solo un tema di competitività", sottolinea Spallone: "è anche immaginare un Paese che può essere molto diverso da quello che vediamo oggi".

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