Per il TEHA - Global Innosystem Index, l’Italia continua a posizionarsi nella parte più bassa della classifica sui temi dell’innovazione
Tutti sanno benissimo che l’innovazione è la chiave per far crescere la competitività di un sistema-Paese, ma l’Italia resta tra gli ultimi Paesi al mondo per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione. È il messaggio che si trae esaminando il TEHA - Global Innosystem Index, l’indice di innovazione realizzato dalla InnoTech Community di The European House - Ambrosetti e che, nella sua edizione 2024, ha confrontato 37 Paesi ad alta performance innovativa, ampliando il campione d’indagine che, nell’edizione 2023, aveva valutato 22 Paesi.
Anche in questo scenario più ampio, l’Italia si colloca nella parte più bassa della classifica, risultando al 24° posto con 3,19 punti (su una scala da 1 a 10) e perdendo una posizione rispetto al 2020. L’Italia precede Spagna (3,18) e Grecia (3,02), in cima alla classifica ci sono Singapore (5,41), Israele (5,21), Estonia (5,17).
Gli indicatori chiave stimati per il TEHA Index descrivono un’Italia nelle retrovie dell’innovazione. Al 32° posto per l’innovazione dell’ecosistema, al 28° per capitale umano, al 24° per lo sviluppo di un ecosistema attrattivo, al 22° per risorse finanziarie a supporto dell’innovazione. L’unica variabile che dà fiducia è rappresentata dall’efficacia dell’innovazione dell’ecosistema (la capacità di un paese di generare innovazione), per cui l’Italia scala la classifica fino al 10° posto per la produzione di nuove idee e per il loro impatto economico.
Il TEHA - Regional Innosystem Index (ARII) ha invece eseguito una valutazione delle performance degli ecosistemi innovativi di 242 Regioni europee. Dall'analisi emerge che la Lombardia è la Regione italiana che guida l’innovazione: è al 39° posto, quattro in più rispetto al TEHA-GII 2020. Le altre Regioni italiane meglio piazzate sono la Provincia Autonoma di Trento (48° posto, due in meno), il Lazio (49°, in salita di uno), l’Emilia-Romagna (76°, ben dieci posizioni in meno). In generale, le Regioni italiane continuano a collocarsi molto al di sotto delle top 10 regioni classificate in quasi tutti gli indicatori di performance considerati.
Su cosa bisogna lavorare per migliorare lo scenario dell’innovazione italiana? Di sicuro sulle competenze nella formazione di base e in azienda. La percentuale di persone che possiedono un titolo di studio STEM, la quota di soggetti impiegati nell’ambito della ricerca, il numero di lavoratori nel campo della scienza e tecnologia, sono tutti indicatori da migliorare decisamente.
Pollice decisamente su, invece, per l’ambito universitario: undici atenei italiani sono nella top 100 europea. Bene anche le domande di brevetto depositate: per la prima volta l’Italia supera quota 5.000 con una crescita del 38% nella decade 2014-2023 (dai 3.649 del 2014 ai 5.053 del 2023). Risultati positivi per l’Italia anche nel tasso di successo dei brevetti di applicazione, che si colloca al 5° posto nelle top 25 country a livello mondiale.
The European House - Ambrosetti propone, anche sulla base di risultati di un sondaggio condotto su un campione selezionato di top manager di aziende italiane e internazionali, quattro direttrici guida lungo cui muoversi per dare una spinta all’innovazione in Italia.
La prima è massimizzare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo. In Italia solo l’1,45% del PIL viene allocato per la ricerca, il budget che deriva dal settore pubblico è ancora troppo limitato (1,18%). È necessario allinearsi quantomeno al 3% di spesa in rapporto al PIL, target definito dall’Unione Europea e che l’Italia non ha ancora raggiunto. Inoltre, occorre migliorare i finanziamenti e l'accesso agli incentivi per le imprese che investono in innovazione e tecnologie. Infine, finanziare e creare programmi di ricerca di lungo periodo permette di rendere il sistema di ricerca nazionale più attraente.
Secondo punto: migliorare i processi di trasferimento tecnologico. In Italia, nel 2023, gli investimenti dedicati a startup e scaleup sono sensibilmente diminuiti, passando da 23,7 miliardi di euro a 8,2 miliardi di euro. Sono nati solo 3 “unicorni” su un totale di 109 in Europa e i TTOs (Technology Transfer Offices), che giocano un fondamentale ruolo nell’innovazione, sono ancora molto sottodimensionati. Il nostro Paese deve introdurre meccanismi che permettano di ridurre il divario tra ricerca e sviluppo per sviluppare progetti che soddisfino i bisogni del mercato.
L’Italia inoltre dovrebbe lanciare un New Deal delle competenze. Oltre la metà delle aziende italiane ha difficoltà a reperire risorse con adeguate skill e si stima che l'Italia abbia bisogno di formare oltre 2 milioni di dipendenti con competenze digitali di base entro il 2026 per stare al passo con le esigenze del mercato. È fondamentale che vengano definiti nuovi programmi per l’insegnamento delle competenze digitali lungo tutto il percorso di formazione, in particolare quelli che permettono agli studenti di lavorare con i dati, essenziali per la specializzazione nelle professioni della Data Economy.
Infine, più che una linea di sviluppo The European House - Ambrosetti segnala una opportunità: la presidenza italiana del G7. Sfruttando questa opportunità, in questa fase del mercato, l’Italia potrebbe in particolare guidare lo sviluppo di modelli di governance dell’AI che rispettino i principi di fiducia, sicurezza e trasparenza.