Axyon AI propone una piattaforma di AI pensata in modo mirato per l’asset management, con diversi punti di forza interessanti per chi si avvicina alle applicazioni del machine/deep learning
Per chi fa investimenti finanziari, la differenza tra un buon rendimento e uno deludente deriva dal saper “leggere” il mercato nel tempo, molto più che da qualche isolata intuizione. Logico quindi che proprio il Finance sia uno dei campi in cui le tecnologie di machine e deep learning hanno trovato subito casa: i dati finanziari da dare in pasto agli algoritmi di AI non mancano, i ritorni sono immediati e concreti. Certo, servono gli algoritmi giusti e per svilupparli sono necessarie competenze ed esperienza. Pur essendo un’azienda relativamente giovane – è nata nel 2016 – la modenese Axyon AI ha maturato sia le prime sia la seconda.
“Abbiamo sin da subito deciso di investire in ricerca e sviluppo all'incrocio delle due tematiche che ci interessavano di più, cioè AI e finanza”, spiega Daniele Grassi, CEO e co-founder of Axyon AI. E il rilancio del machine learning che ha caratterizzato la metà degli anni Dieci ha dato l’occasione giusta per concretizzare meglio questa intenzione. “Machine e deep learning – racconta Grassi – in quegli anni hanno fatto in generale un salto deciso dal punto di vista computazionale, ma il Finance ha mantenuto una sua specificità precisa rispetto ad altri ambiti. Ad esempio, nella machine vision un algoritmo che ha ‘imparato’ a riconoscere determinati oggetti resta efficace per molto tempo, magari anche per sempre. Nel Finance non è così: quello che funziona oggi può non funzionare domani”.
La specificità del Finance è diventata una opportunità per Axyon AI, che ha sviluppato una piattaforma di AI pensata in funzione delle problematiche e delle complessità dei mercati finanziari. Complessità anche tecniche, dal punto di vista del machine learning: “Nell’analisi dei dati finanziari – spiega Grassi – è fondamentale avere un processo codificato e rigoroso che consenta di allenare, far evolvere e selezionare i modelli di machine learning in funzione dei dati che si hanno e dei risultati che si vogliono ottenere. Che nel nostro caso sono ranking di asset finanziari rispetto alla loro performance su vari orizzonti temporali”.
Quello sviluppato da Axyon AI è infatti un processo di machine learning che si può tranquillamente definire “industrializzato”. La Axyon AI Platform non si basa su pochi modelli addestrati ad hoc ma su una sorta di “catena di montaggio” del machine learning per serie temporali, in cui vari modelli di ML supervisionato vengono applicati alle informazioni in ingresso per selezionare quelli più indicati. I quali, in una fase immediatamente successiva, vengono combinati fra loro a realizzare il meta-modello finale che darà poi le previsioni cercate.
“La nostra idea di base è che il machine learning in campo Finance si possa standardizzare, se lo si codifica in un processo rigoroso”, sintetizza Grassi. La piattaforma di Axyon AI non esclude le personalizzazioni, ma sempre in una logica da catena di montaggio: assemblando e ottimizzando componenti di machine learning già predisposti e non partendo ogni volta da zero. “Non facciamo – sintetizza Grassi – né i consulenti né gli artigiani dell’AI. Sono due ruoli che hanno estremo valore in alcuni casi specifici, ma noi operiamo sulla parte del machine learning che si può rendere scalabile”.
Questa scalabilità è ancora una volta frutto della piattaforma che Axyon AI ha sviluppato. La componente base di Auto-ML è stata sviluppata verticalmente per le serie temporali e in particolare ottimizzata per quegli ambiti dove il rapporto segnale/rumore dei dati è pessimo, mentre altre componenti sono abbastanza generiche da andare oltre i casi d'uso specifici.
L’equilibrio tra rigorosità del processo codificato nella piattaforma e un certo “agnosticismo” di alcune sue componenti permette quindi una certa libertà di manovra nell’ottimizzazione della piattaforma da Axyon AI. Ma sempre all’interno di certi limiti anche per una precisa strategia aziendale: “Andare troppo oltre nelle personalizzazioni – sottolinea Grassi – richiederebbe uno stadio di sviluppo della società diverso da quello attuale. Resta comunque una delle possibili dimensioni di crescita, insieme all’espansione a tipi di investimento che oggi non copriamo”.
Una Axyon AI ben caratterizzata ha anche un mercato al momento ben definito: in primis asset manager di media e piccola dimensione, banche private, hedge fund, family office. “Tutti quelli – commenta Grassi – per cui oggi usare l’AI non è solo avere un vantaggio in più ma una questione di sopravvivenza, non solo dal punto di vista delle performance e della gestione del rischio ma anche da quello della percezione dei clienti finali”.
In tutto questo non guasta affatto che Axyon AI possa contare su tre “plus” tecnologici che hanno anche un importante appeal nei confronti del mercato. Il primo è un rapporto di lunga data con il Cineca per quanto riguarda gli ambienti di supercomputing applicati all’AI, attraverso alcuni progetti mirati che hanno permesso all’azienda modenese di maturare esperienze rivelatesi molto utili nella progettazione di una piattaforma che è in parte on-premise e in parte distribuita dinamicamente, a seconda della convenienza computazionale, su vari cloud provider.
Altro elemento interessante: i modelli di ML della piattaforma di Axyon AI sono “spiegabili” e quindi non sono “scatole nere” la cui logica di previsione non è esplicitabile, come molti di quelli che vanno per la maggiore. In tempi di AI Act europe, non è un dettaglio da sottovalutare. Come non lo è – per ovvie questioni di privacy – che Axyon AI non preveda di per sé l’utilizzo di dati personali o privati forniti da una azienda utente. “È solo capitato, ma raramente, che qualche cliente ci fornisse dati pubblici forniti da suoi provider commerciali e che per varie ragioni potevano essere elaborati solo on-premise”, commenta Grassi.
Se uniamo ad una tecnologia che appare decisamente solida una dotazione finanziaria altrettanto robusta – a gennaio Axyon AI ha chiuso un nuovo round di finanziamento che ha portato capitale per 3,9 milioni di euro – e il supporto di nomi come CDP Venture Capital, ING Ventures e UniCredit, si vede che la società modenese ha tutte le basi per svilupparsi bene e organicamente. Specie ora che l’AI è un “must” e non più una cosa prima da spiegare e poi, se va bene, da vendere.
“Da quando ChatGPT è diventato virale – conferma Grassi – è stato di fatto sdoganato il concetto dell’Intelligenza Artificiale come qualcosa di concretamente utile. Prima c’era chi metteva in discussione che potesse portare valore nel settore Finance, adesso molto meno. Anche perché diversi esempi hanno dimostrato i benefici della tecnologia”.