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Ericsson, Nokia e Vodafone: troppi freni per il 5G

Ericsson, Nokia e Vodafone lanciano un segnale alla UE: serve rivedere l'approccio allo sviluppo del mercato delle telecomunicazioni e del digitale

Industria 4.0 Trasformazione Digitale

L'Unione Europea nel suo complesso e i singoli Stati membri hanno dichiarato più volte che ricerca e innovazione tecnologica sono, e devono essere sempre più, al centro dell'economia e delle politiche di sviluppo economico. Ma le parole non bastano: "l'Europa ha ora bisogno di vedere queste dichiarazioni evolversi in piani chiari e azioni concrete che promuovano l'innovazione, attraggano gli investimenti e realizzino un vero mercato unico digitale".

A dichiararlo, in un editoriale che è stato pubblicato dall'edizione europea Politico, sono stati congiuntamente i responsabili dei dipartimenti Government and Policy di tre grandi nomi delle telecomunicazioni europee: Andrew Lloyd per Ericsson, Marc Vancoppenolle per Nokia, Ben Wreschner per Vodafone. E il loro messaggio è chiaro, oltre che in linea con quanto espresso dagli esponenti di altri mercati legati al digitale: la UE deve darsi da fare adesso, a livllo di norme e iniziative, se vuole avere un ruolo chiave nel digitale del prossimo decennio.

"Tra cinque anni - spiegano ottimisticamente le tre aziende - l'Europa potrebbe vivere una nuova era della Industrial Internet. Le imprese potrebbero essere guidate da team con competenze digitali, che sfruttano un ricco mix di tecnologie 5G e in fibra. Gigafactory che operano con una scala e un'agilità nuove, potenziate dall'automazione e dall'Internet of Things. L'Intelligenza Artificiale, che dà un impulso alla produttività in tutti i settori".

Ma se non verranno prese le decisioni giuste adesso e nel prossimo futuro, lo scenario sarà completamente diverso: "un quadro in cui la diffusione del 5G standalone sullo spettro a banda media - un fattore critico per la digitalizzazione industriale e la velocità della sua adozione - continua a essere in ritardo rispetto alla Cina e agli Stati Uniti, soffocando la capacità dell'Europa di competere sulla scena globale".

Il tema di fondo, quindi, è sempre quello che le aziende del comparto delle telecomunicazioni e dei servizi digitali sottolineano da anni e che è stato fortemente ribadito anche alla più recente edizione del Mobile World Congress: o la UE - in concerto con gli Stati membri - fa in modo di accelerare lo sviluppo concreto del 5G, o determinate applicazioni delle tecnologie che già abbiamo non si potranno davvero concretizzare. Perdendo un business potenziale - spiegano Ericsson, Nokia e Vodafone - valutabile in mille miliardi di euro.

Che le cose non stiano andando come si sperava e come dovrebbero lo ha rilevato la stessa UE nella sua analisi sullo stato del cammino verso gli obiettivi della Digital Decade. Si può ancora correggere la rotta ma "la strada che l'Europa prenderà dipende in ultima analisi dai politici, dalla loro propensione a rivedere la regolamentazione e dalla capacità di creare un clima di investimento più attraente per le aziende responsabili delle infrastrutture digitali", spiega l'editoriale.

Anche qui, nulla di nuovo. Da tempo la posizione degli operatori mobili è che le promesse del 5G non si possono concretizzare più di tanto perché il ritorno sugli investimenti necessari a creare nuove infrastrutture 5G "vere" - ossia di 5G SA, Stand-Alone - è troppo incerto. Il mercato 5G consumer non è remunerativo, quello aziendale è frenato dalla poca propensione di molte imprese a investire in una tecnologia di cui a loro volta non vedono chiaramente i benefici.

La tempesta perfetta

Quella in cui vendor e operatori di telecomunicazioni ora si trovano - spiegano Ericsson, Nokia e Vodafone - è una "tempesta perfetta" che deriva dalla combinazione di vari fattori negativi. Dalle condizioni macro-economiche e geopolitiche alla storica propensione degli utenti europei, business o consumer poco importa, a voler spendere il meno possibile quando si tratta di telecomunicazioni. Dalla mancanza di fondi per nuove infrastrutture - servirebbero qualcosa come 200 miliardi di euro in più, sostiene l'editoriale, per raggiungere gli obiettivi della Digital Decade - al peso dei fondi che invece servono per fare fronte alle aste sullo spettro radio che le nazioni europee hanno sempre storicamente visto come un modo per fare cassa in fretta e senza complicazioni.

E poi ci sono le normative europee, tasto sempre dolente per chi fa telecomunicazioni. Quelle sulla concorrenza impongono pesi e contrappesi che di fatto distorcono il mercato, perché nello scenario attuale serve poter operare su grande scala, a livello internazionale, e quindi arrivare a un consolidamento del mercato stesso. Ma le normative impediscono di seguire questa dinamica, imponendo scenari forzatamente competitivi che forse faranno bene al portafogli dei consumatori ma non certo alla capacità degli operatori di stare solidamente sul mercato e soprattutto di svilupparsi.

"L'intero ecosistema digitale trarrebbe beneficio dall'introduzione di una 'modernizzazione normativa'. Ridurre l'onere amministrativo e concentrarsi su un numero minore di norme, più flessibili e più semplici, sembra essere l'ingrediente giusto se l'Europa vuole essere pronta per il prossimo ciclo di innovazione", sottolineano poi Ericsson, Nokia e Vodafone. I segnali che questo a Bruxelles è stato colto ci sono, ma questi segnali ora devono rafforzarsi e tradursi in una tendenza legislativa concreta.

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