Lo rivela l’ultima ricerca di GoodHabitz, nota piattaforma di formazione aziendale, che punta a mantenere alta l’attenzione sul benessere mentale dei lavoratori.
Il 10 ottobre ogni anno si celebra il World Mental Health Day, la ricorrenza che sensibilizza e promuove il benessere mentale in tutto il mondo. Un tema che tocca da vicino anche i lavoratori italiani: quasi un dipendente italiano su 3 (30%) dichiara di aver cambiato o di voler cambiare lavoro a causa di una crescente stanchezza legata alla propria occupazione. Lo afferma l'ultimo studio di GoodHabitz, la piattaforma internazionale per la formazione aziendale.
L’indagine, condotta in collaborazione con YouGov, ha preso in esame un campione di più di 1000 dipendenti italiani, evidenziando una nuova preoccupante evidenza sullo stato della loro salute mentale.
Se già nel 2023, come rivelava una precedente ricerca di GoodHabitz, il 70% dei lavoratori era a rischio burnout, oggi, dagli ultimi dati emerge che poco più di 1 su 2 (55%) si definisce soddisfatto del proprio percorso lavorativo mentre sempre più persone hanno cambiato o stanno valutando di cambiare lavoro per motivi di insofferenza verso la propria mansione (30%). La percentuale tocca particolarmente i più giovani e cresce per la fascia under 44 (millennial / gen Z) raggiungendo il 34% contro il 28% degli over 45.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio riguarda il contesto lavorativo in cui questa sensazione si manifesta: la condizione di stanchezza verso il proprio lavoro è più marcata nei grandi contesti aziendali (32% tra i lavoratori di aziende con oltre 250 dipendenti), dove altresì la ricerca di una remunerazione migliore gioca un ruolo cruciale nel desiderio di cambiamento (42% contro il 38% nelle piccole e medie imprese).
Il dato sullo stipendio lascia, inoltre, spazio ad un’altra riflessione importante: sebbene la stanchezza giochi un ruolo cruciale tra chi ha avuto o desidera dare una svolta alla propria carriera, il motivo principale del cambiamento per la maggior parte degli intervistati è di natura economica. Il 40% dei lavoratori, infatti, è in cerca di una maggiore soddisfazione remunerativa, una percentuale che sale al 44% tra gli under 44.
Seguono altre ragioni di natura personale: il 25% dei dipendenti ha compreso di essere in cerca di un percorso professionale più adatto alle proprie attitudini, mentre il 26% sogna un vero e proprio cambio di vita. La percentuale evidenzia un crescente bisogno di allineare la carriera alle proprie aspirazioni personali, ed è particolarmente sentito nella fascia dei milliennial e Gen Z, che superano la media generale arrivando al 30%. Il dato si rispecchia inoltre in un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca: per 3 dipendenti italiani su 4 (74%) le soft skills servono a costruire la propria carriera ideale e per l’81% dei lavoratori queste competenze permettono di scoprire nuove predisposizioni personali e a sviluppare il proprio talento.
Nonostante ciò, sembra che in Italia l’attenzione verso tutte le soft skills non sia ancora pienamente diffusa: i dipendenti italiani di aziende con almeno 10 dipendenti affermano di aver guadagnato maggiormente capacità razionali come problem solving (44%) e team working (33%), piuttosto che competenze emotive, motivazionali o gestionali. Infatti, appena il 23% dichiara di aver sviluppato competenze di gestione dello stress e solo il 10% di gestione dei conflitti, aspetti importanti per la conduzione positiva del proprio lavoro e del rapporto con i colleghi.