Il processo di acquisto degli italiani è sempre più ibrido tra fisico e digitale: AI, realtà aumentata e interfacce conversazionali ne faranno sempre più parte
Secondo la ricerca “Evoluzione dell'Acquisto Online - Comportamenti e Nuove Modalità di Shopping”, che Vtex ha condotto per esaminare le abitudini di acquisto dei consumatori digitali in Italia, la percentuale di chi fa almeno un acquisto online la settimana è salita al 41%. Non è poco, soprattutto se consideriamo che, oltre la media generale, ci sono gruppi specifici di persone con una propensione marcata ad acquistare online più frequentemente, o spendendo di più. Intercettare questi gruppi e spingere gli altri a diventare più “online shopper” sono le due principali priorità dei retailer, oggi. E le nuove tecnologie, dicono sempre i numeri, sono uno strumento per riuscire a farlo.
In questo senso la prima constatazione che Fabrizio Cascianelli, Head of Sales & Marketing VTEX Italia, porta avanti basandosi sui risultati della ricerca è la definitiva affermazione dell’omnicanalità, che già di suo si porta dietro importanti scelte tecnologiche. In Italia più della metà dei consumatori vede i suoi acquisti in una logica multicanale, quantomeno per le categorie di prodotto più rilevanti. Buona parte (dal 50 al 55 percento, secondo il tipo di prodotto) degli italiani acquista presso punti vendita e negozi fisici dopo aver ricercato informazioni online. E una quota simile (dal 49 al 53 percento) fa il viceversa: si informa offline e poi acquista online.
“Prima punto vendita fisico e online erano due canali differenti – spiega Cascianelli – e solo dopo abbiamo iniziato ad avere l'integrazione dei negozi fisici con l'eCommerce, quindi la nascita di un customer journey più evoluto. Oggi la sorpresa non è che questo diventa sempre più sofisticato, ma che l’impatto dell’online e dell’offline è più o meno lo stesso” in molti processi di acquisto. La conseguenza? I retailer devono fare in modo che “l'esperienza di acquisto sia interessante indipendentemente dal canale di contatto, perché ci sono tantissimi touchpoint tra brand e cliente prima che un acquisto si completi effettivamente”, spiega Cascianelli.
Fabrizio Cascianelli, Head of Sales & Marketing VTEX Italia
In questa evoluzione lo spazio per le nuove tecnologie va ampliandosi, con ovviamente l’Intelligenza Artificiale in primissima fila. Il 64% del campione della ricerca Vtex sa che l’AI è coinvolta nei processi di acquisto online, cosa che suscita interesse e diffidenza allo stesso tempo e quasi nella stessa misura: nel 48 e 42 percento del campione, rispettivamente.
I consumatori vedono nell’AI un elemento che può migliorare la ricerca di informazioni e l’interattività dei processi di acquisto, perché garantisce risposte e assistenza in qualsiasi momento, come anche suggerimenti validi per gli acquisti. Ma prima è meglio garantire di aver eliminato i rischi che i consumatori temono di più: perdita del controllo sui dati personali (la cita il 63% del campione), presenza di informazioni non veritiere (60%), tendenza all'omologazione dei servizi, minor sicurezza nelle transazioni, orientamento indesiderato delle scelte dei prodotti/servizi da acquistare. Per i retailer interessati all’AI – cioè tutti, in sostanza – sono indicazioni da non sottovalutare.
La questione è, insomma, complessa. Ma va affrontata, sottolinea Cascianelli, perché in varie forme – percepibili o meno per il consumatore – l’AI si appresta ad essere la tecnologia innovativa più pervasiva per l’eCommerce: “Già oggi l'AI è molto presente: nella personalizzazione del buyer journey con banner e scaffali di prodotto, nei chatbot che indubbiamente favoriscono l’engagement e le conversioni… Noi stiamo studiando come utilizzarla per diverse altre funzioni, da automatizzare la generazione delle descrizioni di prodotto a ottimizzare la gestione dei resi”.
Due altre tecnologie interesseranno a breve termine i retailer italiani. La prima è in realtà un complesso di tecnologie: quelle di realtà aumentata e virtuale. Pochi consumatori italiani le hanno già testate (solo il 14%) ma l’interesse generale è elevato - 55% del campione – perché i benefici percepiti sono molti. Si va dal visualizzare mobili direttamente nella propria casa al personalizzare i prodotti in tempo reale, dall’indossare virtualmente abiti e accessori al “vedere” istruzioni di montaggio passo per passo, sino al “vivere” in un ambiente 3D realistico tutta un'esperienza di acquisto.
Il vantaggio per i retailer è che AR e VR sono temi innovativi ma non nuovi: sono un dato di fatto concreto in molti settori, quindi l’impatto sul Retail dipende più che altro dalla volontà degli operatori di investire in soluzioni mirate e dalla disponibilità concreta di queste soluzioni. Le storie di successo dell’AR e della VR nel Retail non mancano, peraltro. È “solo” questione di aumentare la loro massa critica.
È diverso il caso delle tecnologie che fanno capo alle interfacce conversazionali e quindi, lato Retail, al conversational shopping: fare acquisti interagendo con un assistente virtuale, oggi più che altro con chatbot testuali ma in futuro sempre più parlando con un assistente virtuale (Alexa di Amazon fa da apripista). L’interesse medio del campione per queste tecnologie è basso (32%), ma è anche bassa la percentuale (9%) di chi ha sperimentato questa forma di eCommerce. I numeri cresceranno, anche perché sullo sfondo c’è una evoluzione generale di tutte le interfacce uomo-macchina verso i modelli conversazionali: il Retail non farà eccezione.
Avere informazioni dettagliate su prodotti e servizi e pagare direttamente via assistente virtuale sono i principali vantaggi del conversational shopping, secondo chi l’ha effettivamente provato. Due aspetti che alla fine vanno nella stessa direzione: semplificare al massimo l’acquisto. Che però nello shopping “conversazionale” non è ancora un acquisto generico, oggi, perché parlando con l’Alexa del caso si perde l’elemento visuale degli acquisti. Non è un caso che oggi alimenti, bevande e prodotti per pulizia e cura della casa siano quelli più acquistati via conversational shopping. È il classico scenario da lista della spesa, per cui viene naturale dialogare con un assistente virtuale e chiudere l'acquisto rapidamente.
I consumatori possono anche essere ben disposti verso le innovazioni tecnologiche, ai retailer resta però il peso – e non è cosa nuova – di capire quali valga la pena implementare. Anche e soprattutto perché, banalmente, le tecnologie innovative costano e non è semplice definirne il ROI. “Oggi chi vuole offrire esperienze di acquisto particolarmente evolute – ribadisce Cascianelli – deve mettere in conto un investimento iniziale anche molto più elevato della media, poi man mano queste esperienze di acquisto diventeranno mainstream” e quindi alla portata di più operatori, come è stato per qualsiasi nuova tecnologia.
Il compito di chi fa soluzioni di eCommerce è anche incanalare al meglio questa evoluzione, rendendola più fruibile e puntando su una logica di soluzioni componibili che permettano a ciascun retailer di investire nelle tecnologie che, di volta in volta, hanno più senso per il suo modello e le sue strategie di business.
Per l’analisi di Vtex, comunque, niente convince i consumatori della validità di una nuova tecnologia più che averla provata direttamente. Da qui l’invito per i retailer a testare il nuovo anche prima che sia evidentemente necessario: se è vero che le nuove tecnologie diventeranno più pervasive e più accessibili, quindi aspettare ha un senso, è anche vero che “i retailer devono cercare di avvicinarsi comunque alle forme più innovative di acquisto perché vanno incontro alle due esigenze principali dei consumatori: immediatezza e personalizzazione del customer journey”, commenta Cascianelli. Insomma, l’eCommerce “classico” oggi può anche bastare, in prospettiva no: quando e come fare il salto verso le nuove tecnologie dipende dal singolo retailer, ma che il salto vada fatto è fuor di dubbio.