Avremo un’AI più matura e aziende più consapevoli. Ma anche una nuova cybersecurity, nuove garanzie per il cloud e il dato visto come prodotto.
Non poteva essere diversamente: tutti gli analisti – IDC, Gartner, McKinsey, Deloitte, CapGemini per esempio e i vendor IT – Cisco, Juniper Networks, HPE, ServiceNow, F5, Palo Alto, Retelit che abbiamo ospitato su Impresacity – non possono non citare l’AI tra i trend tecno del 2025.
Un’AI a supporto di qualsiasi divisione aziendale, un’AI 2.0 declinata in GenAI che punta alla realizzazione di agent e assistenti. E, come nel caso del cloud ma con tempistiche più accelerate, le aziende clienti si aspettano già nel 2025 che i progetti, avviati o da avviare, generino in fretta ROI tangibile e si auspicano una modalità di controllo dei costi a lungo termine. Allo stesso tempo, IDC segnala che ci aspetta un certo ridimensionamento dell’hype AI a causa di possibili ostruzioni dovute alla mancanza di competenze, di budget, di infrastrutture IT all’altezza e alle richieste normative.
Il 2025, insomma, sarà un primo anno di “resa dei conti” per l’AI. Sarà l’anno degli Agent, della GenAI, dei LLM e dell’applicazione dei modelli RAG (Retrieval Augmented Generation), di un focus maggiore sulle basi dati, sul training e sull’inferenza. Ci sono poi, come sostiene Capgemini, le “tecnologie adiacenti” all’AI, come la robotica, l’automazione dei processi industriali e, soprattutto, della supply chain.
I trend 2025 per la security secondo Juniper Networks
Dello sviluppo dell’AI ne godrà l’industria dell’hardware per l’elaborazione (PC, server, processori, componenti e appliance). “Dopo anni di dominio del software, l’hardware sta riprendendo il sopravvento, in gran parte a causa dell’impatto dell’intelligenza artificiale sui chip di elaborazione e della sua integrazione nei dispositivi degli utenti finali, nell’IoT e nella robotica” sostiene Deloitte.
Relativamente all’hardware, tutti gli analisti segnalano una (possibile e forse un po’ ottimistica) crescita del quantum computing ma che, visti i costi elevati, non ci si può aspettare venga adottato in blocco dalle aziende. Possiamo sperare in una revisione dei prezzi di un’infrastruttura quantum e, soprattutto, nella disponibilità di un’offerta specifica da parte dei fornitori di data center, che presumibilmente sarà dedicata a progetti pilota circoscritti a specifiche divisioni aziendali di realtà (molto) enterprise. Altro elemento caldo per il 2025 segnalato da Gartner è la necessità di ricorrere a infrastrutture IT sostenibili visto che le aziende clienti devono renderne conto ai propri stakeholder.
I trend del networking nel 2025 secondo HPE Aruba
In ogni caso, non di sola AI sarà la tecnologia per le aziende nel 2025. Ci sono altri temi, che in verità si presentano da anni, per cui si prevede una continua evoluzione. È il caso della resilienza cyber: un approccio alla protezione di dati, servizi applicativi e infrastruttura, anch’esso non nuovissimo ma che, evidentemente, è ancora da consolidare in tanti contesti aziendali. Una necessità, a causa dell’evoluzione delle minacce – si pensi solo ai gruppi di cybercriminali che iniziano a usare proprio il quantum computing per gli attacchi - e di un nuovo capitolo della cybersecurity imposto proprio dai rischi legati all’implementazione dell’AI in azienda.
La scelta ormai ben assimiliata di orientarsi verso infrastrutture IT ibride, ci porta a un approccio maturo al cloud. Le aziende, ora che sono “abbastanza” cloud oriented, chiedono garanzie sui costi a lungo termine, sulla geolocalizzazione dei dati a causa della compliance, sulla sicurezza della condivisione dei dati stessi in infrastrutture distribuite.
Largo, dunque, a una “cloud modernization”, una revisione e un monitoraggio dell’infrastruttura grazie a strumenti FinOps – di cui sentiremo parlare ancora di più nel 2025 - e un’ottimizzazione di servizi e risorse IT in base alle effettive necessità aziendali. Ciò sarà possibile grazie all’adozione di piattaforme di monitoraggio e ottimizzazione dei processi interni.
Il 2025 potrebbe essere l’anno definitivo per una ridefinizione della risorsa umana, proprio a causa dell’AI e dell’automazione. Dunque, più in generale, della necessità di un lavoro “culturale” sulle persone, fatto di formazione, riqualificazione e, quindi, di progetti consulenziali pensati per ricostruire il rapporto uomo-macchina ma anche uomo-uomo in un contesto di hybrid working.
IDC introduce un nuovo concetto: il dato come prodotto. Cosa significa? “Un'architettura data-as-a-product porterà a una significativa erosione dei silos di dati per superare le inefficienze. Si tratta di un modo (nuovo) di produrre e consumare dati che rende i processi ripetibili e i risultati basati sui dati più coerenti e affidabili”.
“I dati come prodotto (DaaP) sono un approccio alla gestione e all'analisi dei dati in cui i set di dati sono trattati come prodotti autonomi progettati, costruiti e mantenuti tenendo a mente gli utenti finali. Questo concetto implica l'applicazione dei principi di gestione del prodotto al ciclo di vita dei dati, enfatizzando qualità, usabilità e soddisfazione dell'utente” scrive IBM.
Si configura una vera e propria economia del dato, secondo il significato più ampio del termine. Come un prodotto reale, il dato si produce, si distribuisce e si “vende” agli utilizzatori aziendali. Ha un suo ciclo di vita, una roadmap, un’appartenenza a un portfolio omogeneo.
Gartner, dal canto suo, prevede un boom della (letteralmente) “intelligenza invisibile ambientale” una “tecnologia integrata in modo discreto nell'ambiente per consentire esperienze più naturali e intuitive”. In qualche modo si parla di tecnologie – come sensori e IoT negli ambiti di produzione e distribuzione di prodotto – per la raccolta di informazioni e il monitoraggio dei prodotti stessi che, di fatto, aggiungono tag distintivi che ne definiscano identità, cronologia e proprietà.
Quelle descritte sono le previsioni dei maggiori analisti ICT, necessariamente generiche e forse un po’ troppo ottimistiche. La realtà, però, potrebbe essere diversa. Generalmente, i costi di implementazione di progetti per la realizzazione di Agent AI o anche solo di tool di AI a fini predittivi o di automazione possono risultare elevati per la maggior parte delle aziende nel mondo. Così come è difficile immaginare una media impresa italiana che scelga di affidarsi al quantum computing o che accetti di rivoluzionare la propria infrastruttura hardware per adeguare la potenza di calcolo alle esigenze dell’AI.
È più probabile che si ragioni, per quanto possibile, su progetti di modernizzazione dell’IT esistente, sulla sostituzione del software legacy con servizi cloud based, sulla conversione dei data center on prem, sulla governance e sull’obbligo di compliance.
È altrettanto probabile che le aziende chiedano soprattutto piattaforme di gestione e monitoraggio, per diversi contesti. Monitoraggio e ottimizzazione dei costi del cloud, di quelli dell’AI, monitoraggio dell’infrastruttura, degli impianti, della rete in ottica cybersec e, infine, dei flussi di lavoro, dei processi, delle risorse umane. C’è ancora tanto bisogno di partner di consulenza e di boutique tecnologiche capaci di proporre progetti multivendor, ma che risolvano un pain specifico, cercando di salvare l’esistente. Dunque, per le milioni di aziende con capacità di spesa limitata, il software, lo sviluppo, la personalizzazione e l’integrazione applicativa, ci sembrano direzioni molto più realistiche rispetto ad avveniristici progetti di sostituzione dell’hardware.