Huawei: la digitalizzazione per far ripartire l'Italia
I segnali pro-digitale della fase di emergenza vanno colti e consolidati in quella di rilancio. Con una visione di sistema e regole chiare.
Autore: Redazione ImpresaCity
Nella fase acuta della pandemia Covid-19 l'Italia ha dovuto affrontare molte difficoltà. E altrettanto hanno dovuto fare le sue imprese, grandi e piccole. Che ora hanno davanti un percorso diverso, da Fase 2, meno emergenziale ma non meno articolato. L'indicazione principale che ci viene dalle settimane del lockdown è che le tecnologie sono un fattore abilitante nell'affrontare qualsiasi emergenza. Ma per Huawei l'esperienza maturata in Italia dà indicazioni anche più precise.
"La pandemia - spiega Thomas Miao, CEO di Huawei Italia - è stata anche una importante opportunità per vedere come potenzialmente possiamo lavorare in futuro. Ci ha dato modo di capire come possono evolvere i servizi digitali. E ha posto l'accento su quello di cui abbiamo più bisogno". Ovviamente ci si muove un po' per difetto, nel senso che la pandemia ha messo in evidenza sia le best practice di chi era più digitalmente evoluto, sia soprattutto i problemi di chi non lo era. Ed è su questi problemi che si è portati ad intervenire ora, prima che sul resto.
"Abbiamo potuto identificare le debolezze di sistema, i limiti che le nazioni e le aziende hanno avuto nell'affrontare la pandemia. Questo ci permette di capire cosa servirà per affrontare il prossimo futuro", spiega Thomas Miao. Ma la morale principale resta che "la pandemia ha mostrato quanto la digitalizzazione sia davvero importante". E quanto, di conseguenza, debba ora diventare pervasiva. Thomas Miao, CEO di Huawei ItaliaIn effetti, tutti gli ambiti applicativi possono fare un salto di qualità grazie alla digitalizzazione. Nelle settimane del lockdown abbiamo visto già diversi esempi di digitalizzazione "in corsa" più o meno forzata, più o meno efficace. "Tutti i settori si sono rivolti, e ancora si rivolgono, alle tecnologie digitali per continuare a operare. E alcuni cambiamenti che abbiamo visto nell'emergenza sono qui per restare: la pandemia è stata per molti versi un acceleratore della digitalizzazione", sottolinea Vincenzo Strangis, Director, Smart Cities & Innovation di Huawei Italia.
L'esperienza italiana
Huawei ha raccolto in un white paperdiversi possibili scenari in cui le sue tecnologie possono essere di aiuto nella gestione di emergenze come la pandemia Covid-19. Come anche nella Fase 2 di ritorno ad una nuova normalità. Lo spettro delle applicazioni è ovviamente ampio. Si va dall'utilizzo di tecnologie di comunicazione a larga banda (WiFi 6, fibra ottica) in ambito ospedaliero alla telemedicina via 5G. Dalle piattaforme di distance learning al monitoraggio automatizzato della temperatura corporea negli spazi pubblici e nelle aziende.
Di particolare interesse sono però gli scenari che sono stati direttamente concretizzati in Italia durante l'emergenza. Come l'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella diagnostica per immagini, che ha ridotto da 12 a 2 minuti il tempo di diagnosi delle infezioni da coronavirus. Questa soluzione è operativa presso l'ospedale Cotugno di Napoli. Le tecnologie Huawei sono state usate per realizzare una piattaforma di video-collaborazione tra gli ospedali italiani e quelli cinesi, nella fase di lockdown. In particolare per collegare sempre l'ospedale Cotugno di Napoli con l'ospedale Zhongshan di Shanghai, attraverso una linea privata gestita da carrier italiani e cinesi. La pandemia ha messo alla prova anche il modello di sviluppo che Huawei ha adottato in Italia per le soluzioni di Smart City. La piattaforma CoviDE (Digital Emergency), con cui è possibile seguire in dettaglio la situazione dei contagi in tutta Italia, è una naturale evoluzione del verticale Intelligent Operation Center realizzato in Sardegna dal CRS4.
È quindi un esempio riuscito della logica di sviluppo del Joint Innovation Center del Parco Tecnologico di Pula. Che è nato dalla collaborazione di Huawei con il CRS4 stesso, ossia il Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna. L'ottica qui è di co-innovazione: all'interno dei progetti di Smart City "ci limitiamo a trasferire il know-how necessario per realizzarli alle realtà locali, anche piccole, e a favorire il loro dialogo con la PA", spiega Strangis.
Serve una visione strategica
Il modello-Sardegna ha funzionato. Ora l'emergenza dà un segnale di accelerazione anche a Huawei stessa: è il caso di estenderlo altrove. "Il piano iniziale era partire da aree pilota in zone che non fossero già ampiamente evolute dal punto di vista digitale", spiega Thomas Miao. Ma ora è ovvio pensare alla Lombardia, la Regione forse digitalmente più evoluta ma anche la più colpita dalla pandemia. Per Huawei è possibile, anche perché in Lombardia la società ha già investito ampiamente in ricerca e sviluppo e "questo dovrebbe semplificare le cose", commenta il CEO. Serve però prima realizzare un altro Joint Innovation Center, intorno al quale far nascere un altro ecosistema locale di co-innovazione in ambito Smart City. E più in generale, sottolinea Huawei, serve una visione strategica e di sistema della digitalizzazione. "L'evoluzione che è avvenuta naturalmente durante l'emergenza deve essere supportata a livello decisionale e governativo", mette in evidenza Thomas Miao: "l'Italia può ripartire se le tecnologie ICT sono considerate un elemento strategico".
Qualche idea? Meno tasse sui prodotti infrastrutturali, incentivi alle PMI per digitalizzarsi, una semplificazione della burocrazia, regole molto chiare per tutte le aziende che operano nell'ICT. Ma, ricorda Thomas Miao, "è anche un fatto di cultura: l'opinione pubblica deve essere informata per capire meglio la tecnologia". E se in queste settimane abbiamo visto dare impianti 5G alle fiamme perché sospettati di diffondere il coronavirus, vuol dire che di informazione (corretta) ce n'è davvero bisogno.