Risponde Pasquale Rongone, Sales Manager di Red Hat Italia
Autore: Redazione ImpresaCity
In base alla vostra esperienza sul mercato, come pensate abbia reagito la PA al repentino mutamento di scenario? L’emergenza Covid-19 ci ha colto tutti impreparati, e neanche il settore privato ha dimostrato di essere del tutto pronto a questa situazione. Perfino le aziende IT hanno avuto un momento di incertezza nella gestione dell’emergenza, anche se sono sicuramente state le prime a ripartire. La PA ha dimostrato reattività e, nonostante i vincoli infrastrutturali e organizzativi, quali approvvigionamento e distribuzione dei laptop, adeguamento della rete e dei processi, è ripartita nell’arco di poche settimane, attivando il lavoro remoto per centinaia di migliaia di dipendenti. Non dimentichiamo l’enorme sforzo della Scuola che, in poco meno di un mese, ha ribaltato paradigmi didattici e organizzativi e, nonostante i tanti limiti, ha continuato a garantire un servizio critico per il sistema paese. Questo è un risultato niente affatto scontato per un settore comunque in ritardo nell’innovazione IT.
Quali vedete come sfide prioritarie per la Pubblica Amministrazione centrale e locale per il 2021? Credo che occorra partire da cosa ha funzionato e trarne un insegnamento. Il processo di dematerializzazione dei servizi e l’accesso alla rete sono stati fattori determinanti per consentire la continuità del servizio. Anche il canale digitale per l’erogazione dei servizi agli utenti è stato fondamentale. Infine, un ruolo determinante hanno avuto anche le società IT in-house della PA centrale e locale. D’altra parte, anche il mercato ha collaborato a questo sforzo e ci ha visto fortemente impegnati a sostenere e accelerare questo sforzo. Sintetizzando, ci sono alcune priorità evidenti: accelerare la trasformazione digitale; aumentare la resilienza dei sistemi sfruttando l’opportunità del cloud; mettere in comune esperienze e competenze diffuse; potenziare la collaborazione con il mercato per far crescere ulteriormente le competenze digitali. Occorre uscire dal particolarismo e da una certa tensione competitiva tra le amministrazioni maggiormente proiettate all’innovazione: è il momento di fare sistema e orientarsi su un modello collaborativo, che consenta di condividere competenze, esperienze, successi ed errori per imparare da entrambi. Quali sono i principali elementi che possono differenziare nel nuovo scenario le esigenze della PA rispetto al comparto privato? Non vedo una divaricazione tra settore pubblico e privato: entrambi hanno dovuto colmare in settimane un gap di innovazione misurabile in anni, iniziando un percorso ancora lungo. L’offerta di servizi digitalizzati è ancora insufficiente, per quantità e qualità, in entrambi i settori. Analoghe considerazioni si possono fare sulla resilienza dei sistemi e sulla continuità di servizio. La crescita delle competenze informatiche riguarda pubblico e privato: è inutile digitalizzare un servizio pubblico se chi deve utilizzarlo non è in grado di accedervi e preferisce lo sportello. Diversa è la capacità di governare il processo di innovazione, che nel settore pubblico richiede adeguamenti legislativi e l’interlocuzione con i tanti soggetti che si occupano di innovazione, non sempre favorendola. Probabilmente, occorre rovesciare lo stereotipo che la PA è differente, e considerare che è certo differente l’oggetto del servizio, ma i driver tecnologici e i percorsi di innovazione sono analoghi e possono beneficiare di competenze ed esperienze comuni.
Speciale Pubblica Amministrazione
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