La sua definizione precisa è
Sistema Avanzato di Monitoraggio e Previsione, ma ci abitueremo a chiamarlo più semplicemente Sistema di Monitoraggio. Sarà il "cervello" che il MITE (
Ministero della Transizione Ecologica), la Protezione Civile ad altri enti locali e centrali useranno per monitorare lo stato del territorio italiano. In particolare per
contenere il rischio idrogeologico, sempre di scottante attualità. Per i fornitori tecnologici è anche un business da
mezzo miliardo di euro. Messi a bilancio per un progetto che dovrebbe completarsi entro metà 2024.
Il Sistema di Monitoraggio comprenderà quattro componenti fondamentali che quasi certamente costituiranno altrettanti progetti distinti. La parte più rilevante riguarda strettamente il monitoraggio in sé. Un
sistema di telerilevamento che sfrutta varie sorgenti dati, dalle immagini satellitari a
sensori posti direttamente sul territorio. I dati raccolti vanno distribuiti lungo i nodi del Sistema di Monitoraggio e a questo serve un secondo componente: una
rete dedicata di telecomunicazioni, che si può appoggiare a dorsali già attive. La rete unisce tra l'altro varie sale di
analisi dei dati e controllo della situazione. Le quali costituiscono il terzo componente, distribuito, del sistema. Infine, un quarto componente trasversale: tutto quello che serve per
garantire la cyber security dell'infrastruttura.
Il telerilevamento è il cuore del monitoraggio ambientale. La strategia del PNRR prevede di lasciarsi aperte tutte le porte possibili, in quanto a sorgenti dati da utilizzare. In realtà però si parte da tre elementi che già sono in uso a vari livelli dalla Pubblica Amministrazione:
i sistemi di osservazione satellitare, il telerilevamento aereo tradizionale, i dati GIS degli enti pubblici. Altre due forme di monitoraggio considerate non sono altrettanto collaudate: i
droni - e qui c'è molto da lavorare, tecnologicamente e per le normative - e la
sensoristica collocata direttamente nelle zone da controllare.
Uno dei nodi chiave nell'implementazione del sistema di telerilevamento è che tutti i dati raccolti
devono essere normalizzati e resi omogenei. Un compito non banale, considerando in particolare che il progetto complessivo prevede il
potenziale interfacciamento con... di tutto. Sistemi di telerilevamento satellitare nazionali ed europei, pubblici o commerciali. Sensori ambientali come le stazioni GNSS, meteopluviometriche, idrometriche, geotecniche. E poi reti di videocamere di sorveglianza, sistemi radar terrestri, lettori di targhe. E via immaginando: tutte reti di rilevamento che vanno combinate insieme. E, laddove necessario, potenziate.
I dati raccolti dai vari sistemi di telerilevamento vanno analizzati da vari punti di vista. Innanzitutto perché devono
dare valutazioni per vari contesti. "Geologico ed idrogeologico, marino e litorale, agroforestale ed urbano", spiega il MITE. Ma anche perché le rilevazioni satellitari ed aeree servono ad arrivare a una
rappresentazione fedele e dettagliata del territorio nazionale. Da usare per modellare e simulare potenziali eventi negativi: dalle alluvioni alle frane, dagli incendi agli illeciti ambientali.
Il ruolo del Sistema di Monitoraggio, infatti, non è solo passivo (vedere cosa sta succedendo) o reattivo (rispondere agli eventi secondo le procedure). È anche proattivo, attraverso ad esempio
proiezioni sugli eventi climatici o la
modellazione/simulazione degli interventi (il MITE parla esplicitamente di un "digital twin terrestre"). E per un capitolo particolarmente sentito: la
manutenzione predittiva delle infrastrutture affidata al machine learning, che può elaborare i dati raccolti sul campo su cedimenti del terreno, smottamenti, umidità del suolo, stato della vegetazione, azione dell'uomo sul territorio.
In questo il Sistema di Monitoraggio è concepito come una
piattaforma su cui appoggiare delle "applicazioni verticali". C'è un "nocciolo" tecnologico comune a cui si collegano servizi mirati per usi che non sono solo il monitoraggio ambientale. Dal punto di vista architetturale, si prevede un
singolo layer di acquisizione dati che alimenti vari moduli tematici di integrazione ed elaborazione dei dati stessi. Per ora ne sono stati definiti solo alcuni, ma l'architettura del Sistema è pensata sin dall'inizio per
supportare qualsiasi applicazione che derivi dall'analisi dei dati territoriali.
Quali sono, al momento, i verticali previsti? Il
monitoraggio delle instabilità idrogeologiche è, come accennato, il principale. Qui vecchie e nuove reti di sensori sul campo serviranno per seguire i movimenti del suolo e delle infrastrutture, con - si spiega - "una accuratezza millimetrica/centimetrica". I dati raccolti serviranno anche per un secondo verticale: il
supporto alle emergenze causate da disastri naturali. Altre applicazioni mirate già definite riguardano l'
agricoltura di precisione, l'analisi dell'
inquinamento causato da sversamenti in mare, il rilevamento di
illeciti ambientali nell'utilizzo del suolo, il
controllo degli incendi boschivi.
C'è in sostanza davvero molto da fare e c'è spazio in abbondanza per le tecnologie digitali. Come per
altri progetti traguardati dal PNRR, oltretutto, i tempi di realizzazione previsti non sono lunghi. Entro fine anno il MITE dovrebbe completare l'analisi dei sistemi informativi esistenti per
capire cosa c'è e soprattutto cosa manca. Varie task force del Ministero dovranno poi lavorare ai
capitolati tecnici per i bandi di gara veri e propri, attesi per agosto 2022. Due anni dopo il sistema dovrebbe essere operativo.
Un traguardo che potrebbe rilevarsi ambizioso, ma i benefici per una nazione come la nostra, che ha fatto per il suo territorio molto meno di quanto avrebbe dovuto, sarebbero davvero notevoli.