Autore: Redazione ImpresaCity
Spesso lo stato di salute dell'innovazione di un Paese viene collegato con quello del suo ecosistema di startup tecnologiche. È una visione limitata, perché di fatto attribuisce solo alle aziende più giovani la maggior capacità di innovare. Ma è comunque vero che lo scenario startup di una nazione è un indicatore da seguire. Non racconta tutta la storia dell'innovazione, ma qualche segnale lo dà. Segnale che, per quanto riguarda l'Italia del secondo trimestre 2022, è abbastanza confortante.
Secondo Unioncamere, al termine del secondo trimestre 2022 risultavano registrate in Italia 14.621 startup innovative, l'1,8% in più del trimestre precedente. Resta stabile la quota percentuale (3,7% circa) che le startup rappresentano sul totale delle società di capitali con le stesse caratteristiche chiave: nate da meno di cinque anni, non quotate, con un business annuo inferiore a cinque milioni di euro. Una stabilità che dimostra quanto le startup non siano più anomalie, ma una scelta imprenditoriale precisa.
In alcuni settori l'opzione della creazione di una propria startup è particolarmente consolidata. Ad esempio, il 10% di tutte le nuove società di capitali del comparto dei servizi alle imprese è costituito da startup innovative. Una percentuale che è relativamente elevata anche nel manifatturiero: 6,7%. Ed è fatto da startup innovative il 43% delle nuove aziende che si registrano con classificazione Ateco "fabbricazione di computer", una percentuale che sfiora il 47% per la classificazione "produzione di software" e supera il 72% per "ricerca e sviluppo".
Queste percentuali derivano da cosa concretamente fanno le startup innovative. Alla fine del secondo trimestre 2022, il 76% forniva servizi alle imprese, in particolare facendo produzione di software e consulenza informatica (il 39,2% del totale), attività di ricerca e sviluppo (14,2%) o servizi d’informazione (8,6%). Il 15,7% operava nel manifatturiero attraverso la fabbricazione di macchinari (2,9%) o di computer e prodotti elettronici e ottici (2,2%). Più basse le percentuali delle startup che operavano nel commercio (3%) o, con percentuali ben inferiori al 1%, nei settori agricoltura, turismo, trasporti, costruzioni, assicurazioni e credito.
Dove nascono le startup italiane? Come qualsiasi impresa, anche una startup innovativa nasce là dove c'è già un ecosistema imprenditoriale ben sviluppato e infrastrutture adeguate. Così non soprende che Lombardia, Lazio, Campania e Veneto, messe insieme, raggruppino più della metà delle startup italiane. Lombardia e Lazio, in particolare, fanno la parte del leone con, rispettivamente, il 27% e il 12% delle società.
Ragionando per Province lo scenario cambia un po' e la "top 5" per numerosità vede nell'ordine Milano, Roma, Napoli, Torino, Bari (praticamente appaiata con Bologna). Vale la pena di considerare anche la "densità" delle startup innovative, ossia la loro quota parte rispetto alle nuove società di capitali. Qui spicca la Provincia di Trento, che primeggia con una quota del 7,7%. Seguono poi Milano, Terni, Potenza e Udine.
Quanto sono solide, finanziariamente, le startup italiane? Il loro capitale sociale medio non è molto in assoluto - un po' meno di 70 mila euro - ma si rapporta bene con il valore medio della produzione: poco più di 164 mila euro. Va anche notato che, per loro natura, le startup innovative hanno un elevato grado di immobilizzazioni sull’attivo patrimoniale netto: il 38% circa. Quasi nove volte il rapporto medio registrato per le altre nuove società.
Le startup hanno tempi lunghi di accesso al mercato e sono, quindi, prevalentemente in perdita. Ma la prevalenza delle società in "rosso" è marginale: quasi il 53% del totale. Chi ce la fa, dà buoni risultati: se consideriamo solo le startup in utile, il loro ROI è migliore di quello delle analoghe società di capitali (0,10 contro 0,07).
A dare il segnale che le startup innovative italiane sono tutto sommato affidabili contribuiscono anche le analisi relative al loro utilizzo del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese, che copre fino all’80% di un prestito erogato da un istituto di credito a una startup innovativa. Al secondo trimestre 2022 il Fondo aveva perfezionato complessivamente quasi 16 mila operazioni, di cui solo una minima parte (meno di 800) ha alla fine portato a crediti in sofferenza.
Resta di fondo un problema sistemico: non siamo la Silicon Valley dei bei tempi e questo ancora si vede. Le startup italiane oggi non fanno fatica a nascere ed a raccogliere i primi capitali, è il salto successivo che si fa difficile. Convalidato e consolidato il proprio modello di business, se si vuole restare indipendenti e "scalare", la strada migliore sembra ancora rivolgersi ai venture capital stranieri.