Autore: Redazione ImpresaCity
Storicamente ci piace pensare che l'innovazione nasca nelle grandi imprese, che hanno i fondi per fare ricerca in maniera continuativa, o nei metaforici garage delle startup, che possono portare le idee innovative e "disruptive". In realtà quello che serve a un'economia è che l'innovazione sia distribuita il più possibile. In una nazione come la nostra, che sia appanaggio anche delle piccole e medie imprese.
Da questo punto di vista le PMI italiane si stanno muovendo meglio che in passato. Lo testimonia l'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui il post-Covid è un periodo di innovazione comunque positivo per le PMI nazionali, che hanno in generale aumentato gli investimenti in digitale. Ma il ritardo storico è difficile da colmare velocemente.
L'Osservatorio ha esaminato in particolare tre filiere rilevanti per il Made in Italy: AEC (Architecture, Engineering and Construction), meccanica e meccatronica, veicoli a motore su gomma e servizi connessi. Parliamo, complessivamente, di circa 43-33 mila imprese attive per tre settori in cui il peso delle PMI è significativo. Le piccole e medie imprese fanno, infatti, rispettivamente il 33%, il 59% e il 36% dei ricavi di filiera dei mercati considerati.
Le PMI italiane stanno affrontando in maniera efficace la digitalizzazione? Dipende da quanto sono convinte dell'utilità della digitalizzazione stessa. E in questo senso le cifre migliorano nel tempo ma sono ancora piuttosto "problematiche". Solo il 9% delle imprese ha un approccio "avanzato" (il profilo di maturità digitale migliore tra i quattro definiti dall'Osservatorio), mentre il 36% adotta un profilo quantomeno "convinto".
Ma pesano di più i profili di retroguardia. Quel 39% di PMI italiane che ha un approccio "timido" alla digitalizzazione e anche quel 16% che è addirittura "scettico" nei confronti della Trasformazione Digitale. Non bene. Ma - spiega Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio innovazione Digitale nelle PMI - "Non si può trascurare che nell’ultimo anno la crisi energetica e la necessità di far fronte a situazioni contingenti abbiano temporaneamente rallentato il percorso di digitalizzazione di alcune realtà".
Questo in parte spiega il ritratto in chiaroscuro che l'Osservatorio di fatto dipinge delle PMI italiane. Se il 43% dichiara di essere "avanti nel processo di digitalizzazione" o di "puntare sempre di più sul digitale", il 35% fa fatica a riconoscere alla digitalizzazione un ruolo centrale all’interno del suo settore di attività. Conseguenza: la maggioranza (51%) delle PMI non si preoccupa di sviluppare e potenziare competenze digitali. E solo l'8% si impegna a integrare nell’organico figure con precise skill digitali.
Questo è un problema sotto diversi punti di vista. Non da ultimo, perché in questo modo le PMI non hanno il personale che possa aiutarle a cogliere le opportunità non solo delle tecnologie ma anche del mercato. Per l'innovazione servono fondi, e le PMI italiane faticano a intercettare quelli che si rendono disponibili: non hanno le competenze per individuare i bandi a cui potrebbero aderire. E quando lo fanno spesso non riescono a impostare una programmazione di sviluppo di medio-lungo termine perché non hanno una vera strategia digitale ma solo un approccio tattico all'innovazione.
Certo non aiuta come gli inventivi all'innovazione sono rivolti alla platea delle imprese italiane, sottolinea l'Osservatorio. Le iniziative a favore della digitalizzazione non hanno quasi mai una focalizzazione esclusiva verso le PMI, sono troppo generiche. Di certo lo sono le iniziative a livello nazionale: solo un quinto sono indirizzate solo alle PMI e, di queste, solo un terzo mira a uno specifico settore o a una specifica filiera. A livello regionale va un po' meglio: le misure dedicate in maniera mirata alle PMI o a specifici settori o distretti sono più frequenti.
L'impressione è quindi che le PMI italiane abbiano bisogno di un aiuto dall'esterno per cogliere l'importanza della digitalizzazione e per riuscire a gestire la sua introduzione in azienda. Un aiuto che deve venire sia dalle iniziative del Governo sia dale attività degli enti di trasferimento tecnologico e delle organizzazioni di rappresentanza. Non a caso, una PMI su 4 collabora con hub territoriali di innovazione, segno che l'approccio funziona e che c'è ancora molto spazio per farlo crescere.