Autore: Redazione ImpresaCity
L'Intelligenza Artificiale oggi è indubbiamente molto "fumosa" in diversi suoi aspetti, ma dietro il fumo c'è anche per fortuna il metaforico arrosto, ossia un mercato remunerativo di progetti che sta crescendo rapidamente anche in Italia. Lo confermano le cifre dell'Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui il comparto AI ha chiuso il 2023 con un giro d'affari di 760 milioni di euro, che rappresentano una crescita del 52% anno su anno. Una bella accelerazione, se consideriamo che il 2022 la crescita si era fermata al +33% rispetto al 2021.
Tutto merito della famosa AI generativa? Non proprio, anche perché il boom della GenAI richiede il suo tempo per trasformarsi in progetti aziendali concreti. "La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre i progetti di Generative AI pesano solo per il 5%, sebbene vi sia però un grande interesse", secondo evidenzia Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio.
Il 90% del mercato AI in Italia viene ovviamente dagli investimenti delle grandi imprese, mentre PMI e PA sono ancora indietro e si dividono il restante 10%. Il 61% delle grandi imprese ha all’attivo un progetto di AI, almeno sperimentale, mentre la percentuale scende al 18% tra le PMI. Nel complesso l'adozione dell'AI nelle grandi aziende resta stabile, mentre nelle PMI cresce: +3 punti percentuali rispetto al 2022.
Tra le applicazioni, come accennato, la fetta maggiore (29%) riguarda genericamente l'analisi dei dati (Data Exploration & Prediction, Decision Support & Optimization Systems). Seguono da vicino (27%) i progetti di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato (Text Analysis, Classification & Conversation Systems). Più indietro i classici Recommendation Systems (22%), l'analisi di video e immagini (10%), l'orchestrazione di processi (7%), la GenAI (5%).
Guardando alla spesa media in Intelligenza Artificiale per azienda, ai primi posti si pongono i comparti Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.
L’Osservatorio AI ha anche analizzato la maturità delle grandi organizzazioni italiane nel percorso di adozione dell’AI. Le aziende "avanguardiste" - che hanno raggiunto la piena maturità a livello tecnologico, organizzativo e gestionale nell’adozione di soluzioni di AI - sono l'11% del totale. Un altro 23% di imprese è "apprendista", ossia ha diversi progetti avviati ma non metodologie strutturate nel gestirli, il che porta a far ricorso a soluzioni standard o pronte all’uso.
Guarda il nostro convegno L'AI, ma sul serio: Dal boom di ChatGPT alla concretezza dell'AI nelle imprese italiane
È un bene che il 34% delle grandi imprese abbia concretamente messo più di un piede in campo AI. Ed è altrettanto un bene che questa quota stia crescendo. Ma spicca decisamente il restante 66% delle imprese che è ancora molto indietro: con pochi progetti o persino nessuno, perché non considera l'AI rilevante o non ha un’infrastruttura IT adeguata.
Il fatto che oggi non si faccia altro che parlare di AI generativa può essere una spinta verso l'AI in generale per le aziende che sinora non l'hanno considerata abbastanza. Le cifre dell'Osservatorio indicano però che questa nuova capacità "attrattiva" dell'AI non va sopravvalutata: a recepirla per ora sono le aziende che hanno già una lori attenzione al tema, mentre i disinteressati restano perlopiù tali.
Il 37% delle grandi aziende che non hanno progetti di GenAI all’attivo ha intenzione di attivarli nei prossimi 12 mesi e circa 2 grandi aziende su 3 hanno discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI. Tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione, una quota che rappresenta il 17% del totale delle imprese. D’altro canto, soltanto il 7% delle PMI sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha attivato almeno una sperimentazione.
Nello sviluppo di questo ambito c'è innanzitutto un problema di competenze mancanti che la GenAI non può risolvere "magicamente" da sola come alcuni ritengono (o promettono). Chi è indietro nel percorso generico di adozione dell’AI non riesce a trarre nemmeno beneficio delle opportunità della generative AI.
E poi restano presenti i già noti punti delicati dell'AI: "Da parte della comunità scientifica è doveroso guidare il percorso di adozione dell’AI e dell’AI Generativa, cercando di evitare la fase di disillusione che solitamente caratterizza il processo di adozione di nuove tecnologie", spiega in questo senso Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio.
Tre sono oggi le principali criticità segnalate per gli algoritmi di AI: robustezza (garantire che i risultati siano corretti), explainability (rendere chiaro perché si è arrivati a un certo risultato), compliance normativa (anche per la riduzione dei rischi potenziali dell'AI).
Una ulteriore spinta alla diffusione di una AI "equa" dovrebbe venire dalla constatazione che le sue capacità di automazione dei processi aiuteranno, se ben applicate, a colmare un gap che va ampliandosi tra domanda e offerta di lavoro. L'Osservatorio indica che da qui a 10 anni le nuove capacità dell'AI potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia, a fronte - nello stesso periodo - di un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Uno scenario interessante, che però pone fortemente l'accento sulla "equità" delle nuove soluzioni di AI e su come queste saranno davvero utilizzate dalle imprese. Il rischio, già evidente altrove, è che le tecnologie vengano usate per tagliare indiscriminatamente posti di lavoro indipendentemente da altre considerazioni sociali.