La digitalizzazione è indispensabile e questo rende indispensabile anche l’IT. Alla quale ora, giustamente, viene chiesto di essere più sostenibile.
Autore: Redazione ImpresaCity
C'è una curiosa ambivalenza che si mostra spesso nel valutare il ruolo dell’IT nell’ambito dell’emergenza climatica. Da un lato si guarda alla digitalizzazione come a un ecosistema di tecnologie e soluzioni che miglioreranno la nostra vita e contribuirannoa combattere gli effetti negativi dell’attività umana sul clima e in generale sulla natura in cui viviamo. Dall’altro l’IT - senza cui la digitalizzazione di fatto non esisterebbe - è considerata, spesso al di là anche delle sue responsabilità concrete, come uno dei fattori che contribuiscono alla emergenza climatica e ambientale.
È come se volessimo una digitalizzazione “immacolata” e non contaminata dal fatto che l’IT consuma energia, richiede materie prime, contribuisce all’inquinamento. E senza pensare che nell’era del digitale l’IT non è solo nascosta in qualche remoto data center delle grandi corporation, è anche sulle scrivanie e nelle tasche di ognuno di noi.
Non possiamo avere un lato della medaglia senza l’altro. La digitalizzazione è indispensabile, anche lato emergenza climatica, e questo rende indispensabile anche l’IT. Alla quale ora, giustamente, viene chiesto di essere più sostenibile. Il lavoro che in questo senso hanno fatto i grandi hyperscaler dimostra che ci sono molti aspetti su cui poter intervenire per ridurre l’impatto ambientale della tecnologia. Riduzione che non è solo consumare meno energia mentre si elaborano e spostano dati, anche se questo tema è forse il più sentito. È considerare tutto quello che riguarda l’IT in una luce diversa, quasi di “sustainability by design”. L’IT si può “progettare sostenibile”, se la si considera nel suo complesso e lungo il ciclo di vita di tutti i suoi componenti. Puntando anche al fatto che il nuovo che verrà, il frutto delle prossime innovazioni, sarà maggiormente intriso di sostenibilità perché questa sta diventando un valore ovunque fondante. Non a caso, come abbiamo raccontato già altre volte, si parla di “innovability”: innovation più sustainability.
Puntare all’IT sostenibile non è un percorso semplice e sarebbe ingenuo pensare che possa essere completato dall’oggi al domani. Anche le grandi imprese globali che si sono date obiettivi spesso ambiziosi di sostenibilità paiono dover ancora capire bene come integrare il quotidiano dell’IT in questa visione. Il rischio da evitare è che al CIO - che nella pratica fa anche da “innovation officer” delle imprese, non dimentichiamolo - venga assegnato il generico mandato di essere più sostenibile, lasciandolo però con armi spuntate.
Bisogna cioè tenere conto che la pervasività dell’IT fa sì che la sostenibilità debba essere un obiettivo per tutta l’impresa, tanto da condividerne i benefici come anche i costi. Altrimenti le scelte sostenibili dei CIO finiscono per essere viste come l’ennesimo caso in cui la prudenza dell’IT è un freno per lo sviluppo rapido delle altre parti dell’azienda. La sostenibilità è un problema sistemico, nel mondo in generale e quindi anche nelle aziende. Quindi si affronta con approcci altrettanto sistemici: ponendola come obiettivo di tutti, non solo dell’IT e del CIO.
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