Autore: Redazione ImpresaCity
Le aziende che vogliono raccontare di essere sostenibili hanno un problema: come si fa ad affermarlo in maniera oggettiva? Non esiste uno standard internazionale riconosciuto che dia una “medaglia” di sostenibilità garantita. Magari è esagerato affermare che le aziende possono fare quello che vogliono quando si tratta di certificazioni di sostenibilità, ma è certamente vero che paletti e criteri precisi sono ancora in via di definizione. E farebbero bene a tutti: alle aziende virtuose perché riconoscerebbero i loro sforzi, ai consumatori e agli investitori perché chiarirebbero chi premiare e chi no.
In realtà uno standard del genere esiste e viene dal lavoro di una realtà italiana: la Scuola Etica di Alta Formazione e Perfezionamento Leonardo, la quale ha elaborato e pubblicato lo schema di certificazione SRG88088:20 – Social Responsibility and Governance. Questo traduce in requisiti puntuali lo spirito della concezione moderna della sostenibilità aziendale, allineata agli SDG delle Nazioni Unite, e serve per certificare il sistema di gestione per la Sostenibilità SRG-ESG che una singola azienda si è data.
Va sottolineato subito un punto importante nella visione che porta avanti la Scuola Etica Leonardo e che caratterizza il suo standard: la sostenibilità è una questione prima di tutto di gestione e quindi, direttamente, di governance aziendale. “La governance è strettamente collegata a qualsiasi attività positiva di una impresa”, racconta Mauro Pallini, Presidente della Scuola Etica: “L’azienda deve voler esplicitamente mettere in campo queste attività e le decisioni di una impresa sono prese dal suo ‘governo’, non certo da una entità astratta”.
Lo schema di certificazione nasce da un lavoro che ha richiesto anni, perché il tema della sostenibilità è talmente trasversale e aperto che è necessario prima di tutto mettervi ordine. Il lavoro è partito dalla classica analisi PESTLE degli ambiti di riferimento aziendali - la sigla indica appunto gli ambiti chiave: politico, economico, sociale, tecnologico, legale e ambientale (da environment) – per recepirvi anche i 17 SDG delle Nazioni Unite e gli elementi principali dei nuovi standard di rendicontazione finanziaria.
Il risultato è uno schema di certificazione completo che, all’inizio di quest’anno, è stato recepito da Accredia, l’Ente Unico di accreditamento designato dal governo italiano. In pratica, l’unico organismo in Italia che può ufficialmente garantire l’indipendenza e l’imparzialità degli organismi di certificazione, ispezione e verifica.
Lo schema di certificazione sviluppato dalla Scuola Etica non viene infatti applicato dalla Scuola stessa, che non è un ente certificatore. “La scuola – spiega Pallini - esegue un audit di verifica per un determinato organismo di certificazione e rilascia una qualifica provvisoria. Poi l'organismo chiede l’accreditamento vero e proprio ad Accredia e, dopo, può certificare la sostenibilità delle imprese. Per le aziende, invece, proponiamo un audit di accompagnamento per avviare il percorso di certificazione”.
C'è una evoluzione generale di come le aziende vengono considerate e di come considerano sé stesse in relazione alla sostenibilità, una evoluzione che richiede nuovi strumenti, tra cui appunto solide certificazioni. “Oggi i rating di sostenibilità vengono, nella stragrande maggioranza dei casi, da una autovalutazione dell'impresa che dà poche garanzie”, sottolinea Pallini: “Invece, una certificazione di sostenibilità aziendale è in ultima analisi la certificazione della capacità di una impresa di garantire nel tempo la continuità del suo business”.
Il lavoro da fare comunque non manca: “La maggior parte delle aziende – ricorda Pallini - non sa che esiste una certificazione ufficiale legata alla sostenibilità. Gli organismi certificatori italiani si stanno accreditando, c’è un deciso interesse delle associazioni di settore… Certo poi il messaggio deve arrivare alle aziende”. Per le quali, in fondo, il rischio di un “esame” di sostenibilità è nullo e i benefici potenziali sono molti. Una impresa può chiedere la certificazione in qualsiasi momento, non solo quando si ritiene già del tutto sostenibile: comunque ottiene indicazioni preziose su come e dove operare per migliorare ulteriormente.